Filmato l’animale ritenuto estinto 60 milioni di anni fa

Rosa Mancuso

Rosa Mancusormancuso@mancuso.it

9 Dicembre 2025

Abissi inesplorati: le scoperte scientifiche che svelano creature che credevamo estinte

Gli oceani rappresentano l’ultima, vera frontiera inesplorata del nostro pianeta. In particolare, le fosse abissali, luoghi caratterizzati da pressione schiacciante, buio totale e temperature prossime allo zero, custodiscono segreti biologici che sfidano la comprensione scientifica. Recentemente, un team internazionale di biologi marini ha annunciato una delle più sorprendenti scoperte scientifiche del decennio: il filmato di un organismo marino ritenuto estinto da milioni di anni, o quantomeno confinato alla mitologia popolare.

Le scoperte scientifiche tornano prepotentemente al centro del dibattito, dimostrando come l’impegno nella ricerca oceanografica possa ancora oggi riscrivere i libri di zoologia e paleontologia. Questa eccezionale osservazione non solo arricchisce la nostra conoscenza della biodiversità, ma apre anche nuove domande sull’adattabilità della vita in condizioni estreme.

La missione nell’oscurità: la tecnologia al servizio della scienza

La spedizione che ha portato a questa straordinaria scoperta si è concentrata nella parte più profonda della Fossa delle Marianne, utilizzando lander e ROV (Remotely Operated Vehicles) di ultima generazione, equipaggiati con telecamere ad altissima sensibilità e sistemi di campionamento a prova di pressione. La chiave del successo è stata la capacità di mantenere l’attrezzatura operativa a profondità che superano i 10.000 metri, dove le condizioni ambientali sono proibitive per qualsiasi tecnologia non specificamente progettata.

Le scoperte scientifiche di questo tipo sono un trionfo dell’ingegneria, in quanto i veicoli robotici devono resistere a una pressione che equivale al peso di decine di jet poggiati sulla superficie di un’automobile. Il team di ricerca, composto da scienziati provenienti da diversi Paesi (Stati Uniti, Giappone e Italia), ha impiegato mesi a calibrare i sensori per catturare la bio-luminescenza e il movimento di organismi rari.

Durante una delle registrazioni notturne, il ROV ha intercettato un esemplare di grandi dimensioni, caratterizzato da strutture corporee primitive e una mobilità che non corrispondeva a nessuna specie conosciuta nell’era moderna. L’analisi successiva del filmato ha confermato che l’animale mostrava tratti morfologici tipici di un gruppo di cefalopodi o artropodi che si pensava avesse lasciato fossili risalenti al Periodo Giurassico.

Il significato biologico: l’ipotesi dei “fossili viventi”

L’identificazione preliminare di questo organismo come appartenente a un taxa estinto o estremamente primitivo è di enorme importanza per le scoperte scientifiche. Queste creature, spesso definite “fossili viventi”, sono organismi che hanno subito una minima evoluzione morfologica nel corso di milioni di anni, sopravvivendo in nicchie ecologiche isolate e stabili.

Le fosse abissali, con le loro condizioni immutate e l’isolamento dal resto dell’oceano, offrono il rifugio perfetto per queste specie relitte. La scoperta suggerisce che la vita negli abissi profondi è molto più diversificata e antica di quanto si credesse, e che le pressioni evolutive che hanno modellato la vita in superficie non hanno avuto lo stesso impatto nei fondali.

I biologi ora cercano di capire il meccanismo di sopravvivenza di questa creatura: come si nutre nel buio quasi assoluto, come si riproduce e quale sia il suo ruolo nel fragile ecosistema abissale. Le future missioni di ricerca avranno l’obiettivo di campionare l’organismo o almeno di raccogliere dati ambientali e genetici per confermare la sua esatta collocazione filogenetica.

L’abissopelagico: una riserva di scoperte scientifiche

Questa eccezionale osservazione rafforza la convinzione che la zona abissopelagica (le regioni più profonde del mare) sia una riserva inestimabile per le scoperte scientifiche. Si stima che meno del 5% degli oceani sia stato esplorato con un dettaglio sufficiente. L’attenzione mediatica suscitata da questa scoperta ha l’effetto positivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i Governi sull’importanza di finanziare la ricerca oceanografica.

Tuttavia, le scoperte scientifiche in campo abissale sollevano anche urgenti questioni di conservazione. L’interesse per i minerali rari presenti nei fondali oceanici sta spingendo diverse nazioni a valutare lo sfruttamento minerario (deep-sea mining). L’esistenza di ecosistemi così unici e vulnerabili, popolati da “fossili viventi”, rende imperativo imporre severe regolamentazioni per proteggere queste zone prima che l’intervento umano possa distruggerle.

In sintesi, il filmato del misterioso animale abissale è più di una curiosità; è un monito sulla vastità della vita non ancora catalogata sul nostro pianeta e un incoraggiamento a proseguire con tenacia la ricerca scientifica, specialmente in quegli ambienti estremi che hanno così tanto da insegnarci sulla storia evolutiva della Terra.

×