L’Intelligenza Artificiale Nel Mondo Del Lavoro: Le Professioni Più a Rischio

intelligenza artificiale

Simone Bovolenta

Simone Bovolentas.bovolenta@bovo.it

23 Novembre 2025

L’intelligenza artificiale e la ridefinizione del lavoro: tra automazione e nuove opportunità

L’intelligenza artificiale (AI) non è più una promessa futuristica, ma una forza trainante che sta rapidamente rimodellando ogni settore dell’economia globale. In Italia, come nel resto del mondo industrializzato, il dibattito sull’impatto dell’AI sul lavoro è acceso: si teme la perdita di posti di lavoro dovuta all’automazione, ma si celebra anche la nascita di nuove opportunità e professioni prima inimmaginabili.

La parola chiave “intelligenza artificiale” è al centro di questa trasformazione epocale. Comprendere come questa tecnologia stia agendo sui processi produttivi, sulle competenze richieste e sulla stessa natura dell’occupazione è fondamentale per guidare le politiche economiche e i percorsi di formazione del prossimo decennio.

L’automazione intelligente: dove l’ai sostituisce e dove supporta

Uno dei cambiamenti più evidenti portati dall’intelligenza artificiale riguarda l’automazione dei compiti ripetitivi e ad alta intensità di dati. Settori come la manifattura, la logistica e il customer service stanno assistendo a una sostituzione delle mansioni routinarie. I chatbot evoluti, per esempio, gestiscono la maggior parte delle richieste di assistenza clienti, e i robot collaborativi (cobot) supportano gli operai nelle linee di assemblaggio.

Tuttavia, l’impatto dell’intelligenza artificiale non si limita alla semplice sostituzione. In molte professioni white collar, l’AI non elimina il lavoro, ma lo aumenta (o lo aumenta), assumendo il ruolo di copilota. In ambiti come la programmazione, il design grafico, la stesura di testi legali o il giornalismo, gli strumenti di AI generativa automatizzano la fase di bozza, analisi o ricerca, liberando il professionista per dedicarsi a compiti che richiedono maggiore creatività, pensiero critico e problem solving. La vera sfida per i lavoratori non è competere con l’AI, ma imparare a collaborare con essa.

La nascita di nuove professioni e il divario di competenze

L’ascesa dell’intelligenza artificiale sta innescando una domanda senza precedenti di nuove figure professionali, creando un netto divario tra le competenze offerte dal mercato e quelle richieste.

Le professioni più richieste sono direttamente connesse allo sviluppo e alla gestione dei sistemi di AI:

  • Ingegneri di Prompt (Prompt Engineers): Specialisti che sanno come interagire efficacemente con i modelli linguistici di grandi dimensioni per ottenere risultati precisi e creativi.
  • Specialisti in Etica dell’AI: Figure cruciali per garantire che gli algoritmi operino in modo equo e trasparente, mitigando i bias e rispettando la privacy.
  • Data Scientists e Machine Learning Engineers: Professionisti che progettano e addestrano i modelli di AI.

Per l’Italia, investire in percorsi formativi che colmino questo gap è strategico. Università e centri di formazione devono rapidamente adeguare i propri curricula, spostando l’attenzione dall’apprendimento di conoscenze statiche allo sviluppo di capacità di apprendimento continuo e flessibilità. La reskilling e l’upskilling della forza lavoro esistente sono misure fondamentali per evitare che una larga fetta di popolazione rimanga esclusa da questa rivoluzione.

L’impatto dell’intelligenza artificiale sui settori creativi e sulla qualità del lavoro

Contrariamente alle previsioni iniziali, l’intelligenza artificiale sta avendo un impatto profondo anche sui settori considerati un tempo safe haven per la creatività, come la musica, l’arte e la produzione di contenuti. I modelli di AI generativa possono creare immagini, testi e melodie originali in pochi secondi. Questo solleva questioni complesse sul diritto d’autore, sulla proprietà intellettuale e sul valore economico dell’opera umana.

In termini di qualità del lavoro, l’AI può migliorare la vita dei dipendenti eliminando i compiti più noiosi e riducendo l’errore umano. Tuttavia, può anche generare nuove forme di stress e controllo. L’uso di algoritmi per monitorare la produttività, assegnare turni o valutare le performance può portare a una gestione del personale “algoritmica” che, se non regolamentata, rischia di erodere l’autonomia del lavoratore e aumentare la pressione.

Regolamentazione e futuro: la necessità di un’azione politica

Il potenziale dirompente dell’intelligenza artificiale richiede una risposta coordinata a livello politico e normativo. L’obiettivo non è frenare il progresso, ma garantire una transizione equa e inclusiva.

Iniziative come l’AI Act europeo sono cruciali per stabilire un quadro legale che bilanci innovazione e sicurezza. A livello nazionale, il Governo italiano è chiamato a definire strategie che incentivino l’adozione etica dell’AI da parte delle piccole e medie imprese (PMI) – la spina dorsale dell’economia italiana – e che garantiscano misure di supporto per i lavoratori le cui professioni sono a rischio di obsolescenza.

È fondamentale che l’intelligenza artificiale venga vista non come un semplice strumento tecnologico, ma come una leva per creare un’economia più produttiva, equa e meno gravata da mansioni alienanti. La vera scommessa del futuro del lavoro non è se l’AI sostituirà l’uomo, ma come l’uomo saprà utilizzare l’AI per costruire un mondo del lavoro migliore.

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